Ultimamente leggiamo spesso di medicina innovativa, di strumenti tecnologici di bioingegneria consapevoli che la scienza deve “guardare avanti”. Ma a volte si deve cercare nel passato per scoprire un nuovo farmaco. Una farmacista cinese, Youyou Tu, è riuscita a coniugare passato e futuro attraverso la sua passione e costanza, salvando moltissime vite.
Ecco la sua storia. Buona lettura!
Emanuela Caccia
Youyou Tu, dodicesima donna e primo medico cinese ad aggiudicarsi il Nobel per la Medicina. Ma, soprattutto, la prima ad averlo fatto con una ricerca che affonda le radici nella medicina tradizionale cinese. La ricercatrice infatti è stata premiata per i suoi studi sull’artemisinina, un principio attivo naturale efficace contro il plasmodio della malaria.
Tutto ebbe inizio durante la Rivoluzione Culturale Cinese: un’epoca in cui intellettuali e scienziati erano osteggiati e le pubblicazioni accademiche proibite. La Repubblica Popolare Cinese di Mao Zedong aveva però una necessità pressante: quella di salvare dalla malaria uno dei suoi pochi alleati politici, il Vietnam del Nord, all’epoca in guerra con Stati Uniti e Vietnam del Sud. La clorochina, il farmaco usato fino ad allora contro l’infezione, stava iniziando a dare i primi fenomeni di resistenza e la malaria mieteva più vittime tra i soldati di quanto non facessero i proiettili nemici.
Per provare a bloccare l’epidemia, Mao organizzò un progetto di ricerca segreto dal nome enigmatico di 523 (un “codice” che indica semplicemente la data di inizio delle ricerche: 23 maggio 1967). Per due anni centinaia di scienziati analizzarono ogni molecola sintetica conosciuta, ma senza risultati significativi. Il leader cinese si rivolse allora all’Accademia di Medicina Tradizionale di Pechino e Tu, una ricercatrice esperta anche di medicina occidentale, fu incaricata di seguire il progetto.

Insieme a tre assistenti, Tu passò in rassegna 2000 ricette di medicina tradizionale cinese, elaborando 380 preparati naturali da testare su topi contagiati dalla malattia.
Uno di questi, un estratto di artemisia annuale (Artemisia annua: una pianta erbacea originaria della provincia cinese dello Hunan), consigliato in una ricetta di 1600 anni prima, mostrava una certa efficacia contro le febbri a intermittenza della malaria, ma non riusciva a funzionare fino in fondo.
Youyou ebbe un’intuizione: far bollire l’artemisia in acqua finiva per danneggiarne il principio attivo. Provò quindi a utilizzare un solvente diverso, che bollisse a 35 °C. Il nuovo decotto dimostrò di funzionare al 100% su topi e scimmie. Tu si offrì quindi volontaria per escludere effetti collaterali sull’uomo. Scongiurate controindicazioni, l’artemisinina fu testata su lavoratori che avevano contratto la malaria durante la permanenza in aree a rischio. A 30 ore dall’assunzione, la febbre diminuiva e i parassiti sparivano dal loro sangue.
I risultati di Tu furono pubblicati solo nel 1977, quando i fervori della Rivoluzione Culturale Cinese si erano affievoliti. Ciò nonostante, l’articolo uscì anonimo, per enfatizzare il lavoro di gruppo in un contesto in cui la collettività contava più del singolo individuo.
Ancora oggi l’artemisinina, ottenuta sempre con lo stesso procedimento, tratta con successo milioni di persone affette da malaria. Il primo fenomeno di resistenza al farmaco ha iniziato ad emergere, nell’ultimo decennio, in Cambogia. Ma utilizzandolo in combinazione con altri antimalarici rimane comunque efficace: per un parassita è più difficile sviluppare resistenza a due diversi principi attivi.